La meta-analisi di Egger et al. sull’omeopatia permette di trarre conclusioni rilevanti per il sistema sanitario? Un’analisi metodologica critica Andrea Valeri ( avaleri@omeomed.net), responsabile dipartimento di ricerca clinica Società Italiana di Medicina Omeopatica. Esperto della Commissione per l’esame delle problematiche legate alle medicine non convenzionali della FNOMCeO. Draft version 1.1 per la discussione. Versione del 17/10/2005. L’articolo può essere liberamente riportato e tradotto, citando la fonte. NB che il layout in html può essere leggermente diverso dal layout in PDF. _________________________________________________________________________________________ Avvertenze per la lettura: per chiarezza, 1. nel testo vengono tradotte alcune parti dello studio di Egger dall’inglese. 2. il grassetto ed il corsivo nel testo è mio e non delle citazioni riportate. 3. lo studio è indicato nella bibliografia come Shang et al., in quanto Shang è il primo autore; nel testo è però indicato come studio di Egger et al. in quanto Egger è l’autore che detiene i dati dello studio e che riceve la corrispondenza per lo studio stesso. ________________________________________________________________________________________
Vi sono state tre diverse meta-analisi di sull’omeopatia come sistema complessivo di cura fin qui pubblicate [1,2,3],in un arco di anni dal 1991 al 1998. Spesso diverse meta-analisi sulla stessa domanda danno risposte diverse. In questo caso, 3 diverse meta-analisi, fatte da 3 gruppi indipendenti di ricercatori e pubblicate su 3 diverse riviste indicizzate, hanno dato, sia pure con diverse sfumature, un giudizio uguale: Di prassi, i risultati di uno studio sono rafforzati o indeboliti dai risultati di uno studio simile come disegno e come ampiezza. Poichè per l’omeopatia fino al 2004 vi sono state ben 3 meta-analisi con risultati positivi, la “somma dell’evidenza” derivante dalle meta-analisi poteva diventare pari a zero (non è possibile dare un giudizio positivo o negativo sull’efficacia dell’omeopatia sopra il placebo) solo in seguito alla pubblicazione di altre 3 nuove meta-analisi di ampiezza paragonabile, tutte e 3 con risultati negativi. In ogni caso, in campo scientifico raramente si danno giudizi definitivi in quanto è noto che molti studi sono contraddetti da altri studi e vi sono anche importanti epidemiologi che sostengono che “la maggior parte dei risultati di ricerca pubblicati sono falsi [4]”. Da notare che l’autore di quest’ultimo studio, Ioannidis J., è fra l’altro “editorial consultant” proprio di Lancet [5]. Per la meta-analisi di Egger et. al. [6] pubblicata su Lancet nell’agosto 2005, si verifica un fatto del tutto nuovo: un singolo studio con risultato negativo, che peraltro non basterebbe per contraddire i 3 studi positivi precedenti, viene preso come dato definitivo. Sia lo studio stesso che l’editoriale pubblicato nello stesso numero della rivista stabiliscono per certo che gli effetti clinici dell’omeopatia sono uguali al placebo (conclusione della meta-analisi) e che ciò significa la “fine dell’omeopatia” (conclusione dell’editoriale [7]). Nei giorni successivi, l’editore di Lancet, Horton, sulla base dei risultati di questo studio richiede che il National Institute of Health and Clinical Excellence (NICE) sviluppi inee-guida sul questo problema: se e fino a quale punto l’omeopatia debba essere disponibile nel sistema sanitario nazionale inglese [8]. Si pongono quindi due domande fondamentali: 1. il disegno e l’ampiezza dello studio sono così affidabili da permettere di trarre conclusioni definitive sul fatto che gli effetti clinici dell’omeopatia sono uguali al placebo? 2. anche ammettendo che lo studi dimostri che l’omeopatia ha effetti uguali al placebo, questo significa la sua fine come medicina e determina il fatto che debba essere esclusa dal sistema sanitario nazionale inglese (e per estensione dagli altri sistemi sanitari nazionali)? Viene cercato di rispondere sinteticamente alle domande: sub 1. il disegno e l’ampiezza dello studio sono così affidabili da permettere di affermare definitivamente che gli effetti clinici dell’omeopatia sono uguali al placebo? Uno dei parametri fondamentali per definire l’affidabilità di uno studio consiste nella riduzione e\o eliminazione sistematica dei bias factors, cioè di quei fattori confondenti che possono fare erroneamente attribuire il risultato dell’intervento sanitario all’intervento stesso, mentre, se appunto i bias factors non sono sotto controllo, il risultato può dipendedere da uno o più bias. La meta-analisi di Egger parte dalla premessa di ridurre alcuni importanti bias, ma come vedremo nel dettaglio ottiene il risultato di essere affetta da diversi gravi bias in ogni aspetto del lavoro. 1.1 La premessa => ideological bias Lo studio parte dalla premessa che l’omeopatia è implausibille e che quindi gli effetti clinici dell’omeopatia sono dovuti ad un effetto placebo aspecifico. [Egger, pag. 726]. Qui sta il primo grave errore metodologico dello studio: se gli autori partono dal presupposto che l’omeopatia è un placebo, allora per testare correttamente il presupposto devono eseguire un trial in cui l’omeopatia sia testata contro placebo, non condurre una meta-analisi, che richiede per essere affidabile un bilanciamento delle posizioni nel team di lavoro; in caso contrario, come si verifica in questo studio, la meta-analisi sarà disegnata specificatamente per provare in ogni caso il presupposto iniziale. Come ha affermato Zoe Mullan, senior editor di Lancet: ”Il prof. Egger afferma all’inizio dello studio che si aspettava di trovare che l’omeopatia è solamente un placebo. Il suo “conflitto” è quindi evidente [9]”. (ideological bias) 1.2 Gli studi inclusi => selection bias Lo studio dà questa definizione dell’omeopatia: “il simile è curato dal simile (similia similibus curentur) - le malattie possono essere trattate da sostanze che producono gli stessi segni e sintomi in persone sane”. In base a questa definizione, la terapia omeopatica è scelta in base ai sintomi specifici di quel paziente (sintomi individuali) simili ai sintomi prodotti dal medicinale nelle sperimentazioni omeopatiche, dette provings [6,pag. 727]. Di conseguenza, la terapia omeopatica non è scelta sulla base della patologia, come si fa viceversa in medicina convenzionale (od allopatia). Da ciò ne consegue che in omeopatia una singola patologia è trattata con diversi medicinali omeopatici, simili ai sintomi individuali di ogni paziente. La definizione di omeopatia riportata nello studio di Egger è corretta: ma gli studi presi in considerazione e che secondo lo studio si riferiscono all’omeopatia, rispettano questa definizione? In altre parole, gli studi inclusi nella meta-analisi sono studi che riguardano l’omeopatia, seguendo la stessa definizione che ne viene data all’inizio dello studio? Poichè (da definizione) si parli di omeopatia le sostanze che si utilizzano devono essere prima sperimentate in un proving ed in base a ciò vengono prescritte individualmente, i medicinali “omeopatici” usati nei trial inclusi nella meta-analisi rispettano queste due ondizioni? A pag. 727 dello studio si legge:” Gli interventi (cioè le terapie, ndt) furono definiti come omeopatia classica, clinica o complessa, o come isopatia. L’omeopatia classica è stata definita con una anamnesi completa, seguita dalla prescrizione di un solo rimedio individualizzato”. “Se … tutti i pazienti ricevettero un solo identico rimedio, gli interventi furono classificati come omeopatia clinica [10]” Come si vede, solo i trials riguardanti l’omeopatia classica rispettano la definizione di omeopatia data nello studio, quindi riguardano veramente l’omeopatia, e sono solo il 18% degli studi inclusi: l’ 82% degli studi non hanno nulla a che vedere con l’omeopatia. [Egger, pag. 728] La definizione di omeopatia clinica riguarda la prescrizione in base alla patologia: e questo è il principio di base della allopatia o medicina convenzionale, non dell’omeopatia! E’ interessante notare che le meta-analisi sono costituite da pool di studi clinici randomizzati; gli studi sono randomizzati per cercare di ridurre al massimo il bias da selezione da parte degli investigatori (i ricercatori che compiono il trial). Per questo motivo principalmente, secondo l’EBM, le meta-analisi rappresentano il massimo livello di evidenza. Vi è un certo discussione se considerare le meta-analisi solo una rassegna accurata e formale dei dati disponibili oppure una vera e propria attività scientifica. La tendenza oggi dominante a livello epidemiologico è di considerarle una attività scientifica, in quanto presenterebbero diverse caratteristiche proprie degli esperimenti ben condotti, quali ad es. la minimizzazione del bias[11] . Si pone quindi questa domanda: poichè le meta-analisi sono composte da trials randomizzati per ridurre il bias da selezione, e poich&eactute; sono paragonabili ad esperimenti scientifici, come assicurarsi che la scelta iniziale dei trials (RCT) non sia soggetta a bias da selezione da parte di chi compie la meta-analisi? Da questo punto di vista la meta-analisi di Egger et al. costituisce un chiaro esempio di selezione iniziale degli studi affetta da bias: gli studi inclusi non rispettano (se non in parte) i criteri di inclusione. In sostanza, La maggior parte degli studi presi in considerazione NON riguardano l’omeopatia, quindi le conclusioni generali dello studio stesso non riguardano la medicina omeopatica. (selection bias) [MeSH] 1.3 La parte statistica dello studio => positive publication bias non applicabile, metodo di rilevazione del bias inadeguato, campione non significativo Veniamo ora alla parte statistica dello studio di Egger. Come vedremo, vi sono numerosi e gravi errori metodologici e concettuali. Ad una prima analisi, si pongono tre domande: 1.3.1 perchè la meta-analisi parte da 110 lavori e poi ne seleziona per l’analisi finale, su cui si basa tutto lo studio, solo 8? (confrontati con 6 studi per l’allopatia) 1.3.2 il metodo di studio usato per rilevare il (presupposto) positive publication bias è corretto? 1.3.3 con un campione di 8 lavori in esame, si può dare un giudizio su di una intera metodica medica (omeopatia versus allopatia)? Lo studio di Egger et al. parte dal presupposto che[12]“il bias nella conduzione e nella descrizione dei trials è una possibile spiegazione dei risultati positivi dei trials contro placebo sia per l’omeopatia che per la medicina convenzionale… la bassa qualità metodologica di molti studi è un altro importante fattore di bias”. Lo studio continua affermando che gli studi con basso numero di persone sotto trattamento (“small studies”) hanno una più alta probabilità di essere affetti da bias, mentre “gli studi con grandi numeri (“large studies”) hanno maggiore probabilità di essere di alta qualità metodologica e di essere pubblicati anche se i loro risultati sono negativi”. Questa affermazione che i large studies sarebbero meno soggetti al bias è stata fatta sempre dallo stesso Egger [13] che a questo proposito giustifica l’uso del funnel plot. Vi è però chi autorevolmente sostiene che i large studies viceversa non diminuiscono il bias, ma solo lo distribuicono: “The non-scientific nature of mega-trials derives from their methodology, which dispenses with the scientific aim of maximum experimental control o remove or minimise bias, and instead uses randomisation to achieve an equal distribution of bias between n groups [14]" Ma a parte gli aspetti statistici, l’assunto di Egger large studies=diminuzione dei bias, è dimostrata per certa ? Qui sta il punto: tutto lo sudio parte da questa assunzione, che è data per assodata. Sfortunatamente , la risposta è negativa. Infatti, studiando il concetto di publication bias, osserviamo che nasce sostanzialmente dal fatto che gli studi pubblicati, finanziati dalle ditte farmaceutiche convenzionali, hanno maggiore probabilità di riportare risultati positivi rispetto a risultati negativi. La più ampia rassegna che ha studiato questo problema è quella di Leichkin et al. pubblicata nel 2003 sul BMJ [15]. L’articolo dimostra che gli studi finanziati dalle ditte farmaceutiche hanno 4 volte la probabilità di riportate risultati positivi rispetto agli studi non finanziati dalle ditte. Gli autori dimostrano anche che tutti gli studi finanziati dalle ditte, analizzati dal punto di vista della qualità metodologica, erano di alta qualità (quindi la randomizzazione ecc NON eilimina un bias enorme, che confonde i dati di 4 volte). In particolare, per quanto riguarda l’ampiezza dello studio (large studies), il pubblication bias era uguale: anche gli studi con più ampi numeri tendavano a dare risultati positivi, purchè finanziati dalle ditte. Come si vede, il dato essenziale per il publication bias è il finanziamento da parte delle ditte: l’ampiezza del campione non preclude il bias, anche se da un punto di vista statistico un campione più ampio è preferibile (ma solo se ci attendiamo che l’intervento abbia un effetto limitato, e che quindi necessiti di un campione molto ampio per essere statisticamente significativo). La distinzione small studies - large studies per quanto riguarda il publication bias non sembra avere quindi fondamento, anche in medicina convenzionale. Ed in omeopatia? In omeopatia la distinzione small studies (che secondo Egger sarebbero più soggetti a positvive publication bias) versus large studies (meno soggetti a bias) semplicemente è inapplicabile. Una recente rassegna ha infatti provato che l’84,7 % degli studi clinici condotti in omeopatia non hanno ricevuto finanziamenti da ditte farmaceutiche omeopatiche, è stato cioè autofinanziato dagli stessi omeopati [16]. Per l’omeopatia, nella grande maggioranza dei casi il problema del positive publication bias non si pone. Al contrario, per l’omeopatia vi è il grave problema del negative publicaton bias: è stato dimostrato che le riviste convezionali tendono a pubblicare nel 69% dei casi trials con risultati negativi sull’omeopatia [17]. In sostanza, tutto il ragionamento per cui si cartano nella meta-analisi di Egger 102 little trials perche’ sarebbero soggetti a bias (spt. da pubblicazione) non regge: 1. non è sicuro che i trial piccoli sono soggetti a positive publication bias più dei large studies (come sostiene Egger) 2. il problema del positive publication bias sostanzialmente non si pone in omeopatia 3. in omeopatia viceversa si pone il problema del negative publication bias (di cui Egger non tiene nessun conto) Veniamo ora ad un altro problema: il metodo di studio usato per rilevare il (presupposto) positive publication bias è corretto? Lo studio di Egger presuppone (senza provarlo) l’esistenza di un positive publication bias per l’omeopatia, e per rilevarlo utilizza un metodo statistico, il funnel plot (op. cit., fig. 2 pag. 729). Il funnel plot è un plot del logaritmo degli odds ratio versus l’errore standard (SE nella figura). La Cochrane Collaboration, nel suo materiale didattico riservato a chi fa le reviews sistematiche, ne dà una spiegazione con qualche esempio[18]. Se nei trials sotto esame per una meta-analisi non c’è publication bias, “ci si aspetta che il funnel plot sia circa simmetrico” (Cochrane, op. cit.) Nella fig. 2 del lavoro di Egger si vede che sia per l’omeopatia che per l’allopatia il tunnel plot è asimmetrico; gli small trials sono in basso, mentre i large trials sono in alto. La meta-analisi finale prende in considerazione SOLO i large trials (allopatici od omeopatici), perchè, sempre secondo Egger, ssarebbero meno soggetti a bias. Ed in questa analisi finale, “the odds ratio from random –effects meta-analysis was 0.88 (0.65-1.19) based on eight trials of homeopathy and 0.58 (0.39-0.85) based on six trials of conventional medicine” (Egger, op. cit.). Da notare che un odds ratio inferiore ad uno in questa meta-analisi significa che l’intervento (omeopatia od allopatia) è più attivo del placebo. In base a questi dati, la meta-analisi finale mostra che l’omeopatia ha un debole (0.88) effetto più attivo del placebo, mentre l’allopatia ha un effetto più deciso (0.58) sopra il placebo. Dove sta l’errore di tutta la procedura? In due punti basilari e non sanabili: - l’assunzione che i large trials sono meno soggetti a publication bias non è provata. - il funnel plot per poter essere applicato necessita di dati omogenei[19], mentre i trials che riguardano l’omeopatia (ed anche per molti versi l’allopatia) sono composti da dati del tutto disomogenei. Come abbiamo visto, la meta-analisi utilizza 4 differenti tipi di metodiche mediche, di cui solo il 18% riguarda l’omeopatia. Con questa enorme disparità di dati, l’utilizzo del funnel plot non ha nessuna base. Non a caso, la stessa Cochrane collaboration sconsiglia l’utilizzo del funnel plot come metodo per rilevare il publication bias:” From these examples, we can see that a funnel plot is not a very reliable method of investigating publication bias, although it does give us some idea of whether our study results are scattered symmetrically around a central, more precise effect. Funnel plot asymmetry may be due to publication bias, but it may also result from clinical heterogeneity between studies (for example different control event rates) or methodological heterogeneity between studies (for example failure to conceal allocation). Even if there is publication bias in a review, it may not result in an asymmetrical funnel plot, for example when the plot is hollow”. In sostanza, il metodo usato da Egger per rilevare il publication bias è inapplicabile, quindi le conclusioni sono irrilevanti. Veniamo ora all’ultimo problema (1.3.3): con un campione di 8 lavori in esame, si può dare un giudizio su di una intera metodica medica (omeopatia versus allopatia)? Ma comunque, partendo da presupposti del tutto inconsistenti ed autoreferenziali, Egger elimina 102 studi (che nel complesso erano più attivi del placebo!!) per “salvarne” solo 8 (large trials). Con un numero così basso, pretende di dare un giudizio non su di una singola patologia (come vuole la prassi e la logica, e come fa lo stesso Egger in un altro studio uguale come metodologia [20]) ma addirittura su di una intera metodica medica (l’omeopatia). L’omeopatia può trattare centinaia di condizioni cliniche diverse, e sulla sua efficacia clinica sono stati pubblicati centinaia di lavori[21]: a quale titolo Egger pretende di darne un giudizio complessivo tramite 8 studi, scelti con un presupposto inapplicabile? Il giudizio più chiaro su di una meta-nalilsi con un numero così basso di lavori utilizzati o dà lo stesso Egger: “Una meta analisi esclusivamente basata su di un piccolo numero di studi spesso non porterà a nulla, anche se la combinazione degli effetti è significativa [22]” Di quali trials si tratta? Con una procedura del tutto scorretta ed inusuale, Egger non definisce di quali trial si tratta. Tutto il giudizio è basato su 8 studi, ma ancora oggi non si sa, neanche chi ha incaricato Egger a fare la meta-analisi e cioè il BGA (uffiicio federale svizzero per la salute), quali esattamente sono. Già questo dato toglie ogni rilievo scientifico alla meta-analisi. A questo punto non possiamo dare dati precisi, scientifici: lo studio di Egger non lo permette. Ma a ben vedere, tutto lo studio sembra uno studio scientifico (è pieno di numeri, coefficienti, ecc.,) ma in realtà parte solo da una convinzione, da un presupposto e cioè che l’omeopatia è implausible. Già nel 2001, Egger, commentando la meta-analisi di Linde che mostrava come l’omeopatia fosse 2,45 volte più attiva del placebo, affermava:” può essere più ragionevole concludere che errori metodologici hanno portato ad una esagerazione del trattamento nei trials pubblicati [23]“ . In altre parole, non vi sono prove che i dati di Linde [Op. cit.1998] non sono validi: vi è un ragionamento, una convinzione personale di Egger: l’omeopatia non funziona, e se i dati dimostrano che funziona ciò può essere solo dovuta ad errori nella conduzione dello studio. Utilizzando però i dati disponibili, si può con ogni probabilità affermare che si tratta di trials in cui viene usato uno stesso medicinale per una stessa patologia, soprattutto per la patologia influenzale [24] (trials di questo tipo sono più facile da organizzare, anche su larga scala e possono essere finanziati dalle ditte farmaceutiche omeopatiche interessate a dimostrare che il loro medicinale lavora in quella patologia). Ma poich&eactute; il principio della individualizzazione è fondamentale per parlare di omeopatia, l’applicazione della metodologia del funnel plot di Egger ottiene paradossalmente questo risultato: di selezionare solo trials che NON hanno nulla a che vedere con la medicina omeopatica. Oltre a ciò, è del tutto evidente che perch&eactute; una medicina possa funzionare, deve essere applicata con la propria metodologia. Lo stesso fondatore dell’omeopatia, Hahnemann, ha chiarito che, In medicina omeopatica, prescrivere per una stessa patologia uno stesso medicinale diluito e dinamizzato, ma non individualizzato, non può produrre nessun risultato positivo [25]. Più recentemente, nel 1983 Shipley et al., sempre su Lancet [26], effettuarono un trial randomizzato contro placebo con cross-over in cui uno stesso medicinale omeopatico Rhus Toxicodendron (quindi senza nessuna individualizzazione) fu comparato al fenoprofene nel trattamento dell’osteoartrite. Rhus Toxicodendron non dimostrò nessuna efficacia superiore al placebo, a differenza del fenoprofene. Il risultato negativo era del tutto ovvio e prevedibile: usando un medicinale omeopatico secondo le regole della medicina convenzionale, non si può che avere un effetto pari al placebo. Solo per fare un altro esempio, su di un’altra patologia (diarrea infantile) nel 2003 la Jacobs et al. [27] pubblicarono una meta-analisi condotta su 242 bambini del terzo mondo: la terapia omeopatica individualizzata dimostrò una maggiore efficacia del placebo nel ridurre la durata della diarrea. In conclusione, la metodica applicata da Egger di selezionare per la meta-analisi finale solo 8 studi definiti omeopatici con grandi numeri è del tutto inconsistente: questi 8 studi non riguardano medicinali usati omeopaticamente. L’uso di medicinali diluiti e dinamizzati prescritti per una stessa patologia era noto non produrre effetti superiori al placebo,da almeno 163 anni (la VI edizione dell’Organon è del 1842). Che bisogno c’era di fare una meta-analisi a questo proposito? Non vi sono giustificazioni scientifiche accettabili. Diventa piuttosto evidente la totale incompetenza degli autori nell’argomento dello studio (l’omeopatia). A questo proposito, è interessante notare che nessuno degli autori è esperto in medicina omeopatica, come viceversa prescrivono formalmente le linee-guida della Cochrane collaboration[28]. Emerge anche il volere dimostrare ad ogni costo una tesi data per presupposta (l’omeopatia è un placebo): in entrambi i casi, le conclusioni della meta-analisi sono irrilevanti. sub 2. Affrontiamo ora un ultimo problema, la seconda domanda fondamentale: l’impatto dello studio sul sistema sanitario. Dalle considerazioni precedenti, si vede che: - lo studio ha un bias di selezione enorme (la maggior parte degli studi non riguarda l’omeopatia) - la meta-analisi finale è basata solo su 8 studi con grandi numeri (large trials) e questi studi mancano dei criteri minimi per essere definiti omeopatici - gli altri studi (small studies) (che dimostrano nel complesso una attività maggiore del placebo) sono stati esclusi, presupponendo un bias positivo di pubblicazione che non si verifica in omeopatia, almeno per i piccoli studi. - La metodica del funnel plot usata per identificare i large studies non è applicabile al campione in esame - dati essenziali non sono pubblicati - tutto lo studio è basato su di una convinzione iniziale (l’omeopatia non può funzionare) e ciò mina alla base l’obiettività dello studio stesso. In base a tutto questo, l’impatto sul sistema sanitario e sulle decisomi cliniche dei medici di questo studio è irrilevante. Inoltre, altre meta-analisi del passato (1,2,3, op. cit.) permettono di dare una risposta molto più affidabile e concordemente positiva alla domanda: l’omeopatia è più attiva del placebo? Conclusioni: 1. Lo studio di Egger et al. segna il punto massimo di crisi di un uso distorto di alcune metodologie statistiche slegate da una effettiva conoscenza dei problemi di cui ci si vuole occupare e solcate da un forte convinzione iniziale (in questo caso che l’omeopatia è un placebo). L’utlizzo di diverse metodiche statistiche determina solo una maggiore profondità dei bias che si moltiplicano in tutto lo studio. Proprio questo studio, il fatto che sia stato accettato per la pubblicazione e ne sia stata data ampia diffusione, sottolineano l’urgenza di tenere in molto maggiore conto le assunzioni iniziali degli autori e di studiare il grave problema del “Bias in situ”, cioè il bias che deriva dalla scelta di quali studi includere nella meta-analisi e con quali criteri classificarli [29]. 2.Questo studio dimostra anche definitivamente che solo gruppi di lavoro in cui siano anche coinvolti medici e ricercatori omeopati possono dare risposte affidabili alle domande che vengono fatte sull’omeopatia. Tali gruppi di lavoro hanno già prodotto studi significativi e con rilevanti conseguenze cliniche. La discussione e la ricerca vanno avanti: la medicina non appartiene a Lancet, è un patrimonio dei pazienti e dell’umanità. Bibliografia e note: (Web-links attivi su: wwwo.omeomed.net) [1] Kleijnen J, Knipschild P, ter Riet G. Trials of homeopathy. 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Lancet. 2005 Aug 27-Sep 2;366(948 [8] Call for guidelines on the use of homeopathic remedies.[Web-site] [9] Express Pharma Pulse web-site: ““Prof Eggers stated at the outset that he expected to find that homeopathy had no effect other than that of placebo. His “conflict” was therefore transparent.” [Web-site] [10] Shang et al. (op. cit) « Homeopathic interventions were defined as classical,clinical or complex homeopathy, or as isopathy. Classical homeopathy was defined as comphrensive homeopathic history taking, followed by the precription of a single individualized remedy… “ “if…all patients received a single,identical remedy, interventions were classified as clinical homeopathy” [11] Mulrow CD. Rationale for systematic reviews. BMJ. 1994 Sep 3;309(6954):597-9. [12] Shang et al (Op cit): “Bias in the conduct and reporting of trials is a possibile explanation for positive findings of placebo-comtrolled trials of both homeopathy and allopathy (conventional medicine)” [13] Egger M, Smith GD. Bias in location and selection of studies. BMJ. 1998 Jan 3;316(7124):61-6 [Full-text] [14] Charlton BG. Mega-trials: methodological issues and clinical implications. J R Coll Physicians Lond. 1995 Mar-Apr;29(2):96-100 [15] Lexchin J, Bero LA, Djulbegovic B, Clark O. Pharmaceutical industry sponsorship and research outcome and quality: systematic review. BMJ. 2003 May 31;326(7400):1167-70 [Full-text] [16] Valeri A. L'omeopatia è rappresentata negativamente nelle riviste convenzionali: questo è il vero "bias da pubblicazione. Web site della Società Italiana di Medicina Omeopatica. [Web-site] [17] Caulfield T, DeBow S. A systematic review of how homeopathy is represented in conventional and CAM peer reviewed journals. 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BMJ. 1998 Jan 17;316(7126):221-5 [Full-text] [23] Sterne JA, Egger M, Smith GD. Systematic reviews in health care: Investigating and dealing with publication and other biases in meta-analysis. BMJ. 2001 Jul 14;323(7304):101-5. "It may be more reasonable to conclude that methodological flaws led to exaggeration of treatment effects in the published trials” [Full-text] [24] Rutten L et al. Proof against homeopathy does in fact support homeopathy. Unpublisehed data [25] Hahnemann S. Organon of the medical art. VI edition. Birdcage Books 1996, § 82 “…No genuine cure of the psoric disease, or any of the remaining diseases, can take place without the strict individualized treatment of each case of disease” [26] Shipley M, Berry H, Broster G, Jenkins M, Clover A, Williams I. Controlled trial of homoeopathic treatment of osteoarthritis.Lancet. 1983 Jan 15;1(8316):97-8 [Medline] [27] Jacobs J, Jonas WB, Jimenez-Perez M, Crothers D. Homeopathy for childhood diarrhea: combined results and metaanalysis from three randomized, controlled clinical trials.Pediatr Infect Dis J. 2003 Mar;22(3):229-34.[Medline] [28] Quando di vuole programmare una meta-analisi, nel team di lavoro ci deve essere un “context expertise”, cioè persone “che conoscono il problema sia dal punto di vista clinico che dal punto di vista del consumatore”. In questo caso il problema sotto indagine è la medicina omeopatica. Nessuno dei componenti dello studio ha una esperienza clinica in questo settore. Riportato da The cochrane Collaboration open learning material [Web-site] [29] Phillips CV. Publication bias in situ. BMC Med Res Methodol. 2004 Aug 5;4:20
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